L’abbonamento a Spotify ha un costo, quello a Netflix pure. Lo stesso vale per Apple Music e tutti gli altri servizi di musica in streaming (Google Play Music, Deezer…), o per la licenza annuale di Office 365 e per alcuni antivirus, eccetera eccetera.
In un’era in cui dal possesso (di cd, dvd e altri supporti fisici) si sta passando all’accesso (a contenuti che si possono fruire grazie a internet), i servizi continuano ad avere un costo; in genere questo costo si paga – appunto – in abbonamento, e l’abbonamento è mensile, e più o meno tutti richiedono un canone che, di base, si aggira intorno ai 10€. Mettiamo di avere anche solo Netflix e Spotify “base”, la spesa mensile comincia a farsi impegnativa…
Abbonamenti a musica e TV in streaming: come risparmiare?
Certo, ci sono le versioni gratis: i famosi 30 giorni di prova che più o meno tutti offrono per permetterci di prendere familiarità con il servizio (e fare in modo che ce ne innamoriamo e non sappiamo più fare a meno) sono i più comuni, ma non mancano promo speciali – magari abbinate all’acquisto di altri prodotti, ad esempio “TV più 6 mesi di Netflix gratis” viste tante volte nei volantini di Ultimoprezzo.com o “6 mesi di Infinity gratis con Mediacom” – che permettono di dilatare nel tempo questo risparmio.
A un certo punto, però, per continuare ad accedere al servizio dobbiamo o accettare qualche compromesso (su Spotify, per esempio, c’è la pubblicità che inframmezza le canzoni) oppure “rassegnarci” a pagare l’abbonamento a prezzo pieno. A meno che…
A meno che non si provi la strada della condivisione.
L’esempio di Netflix
Prendiamo Netflix, per esempio: l’abbonamento costa 7,99€ al mese nella versione “base”, che consente l’accesso da un solo dispositivo alla volta; ma già quello da 9,99€ permette l’utilizzo da due devices contemporaneamente e con 11,99€ si arriva fino a quattro schermi.
Questa formula è stata pensata per far risparmiare le famiglie: mentre i genitori sono a casa a guardarsi un film, per esempio, il figlio adolescente può andare avanti con la sua serie TV preferita anche se si trova in metropolitana usando lo stesso abbonamento, e sempre nello stesso momento la sorella più grande collegarsi dall’ufficio per guardarsi Gilmore Girls durante la pausa pranzo…
Va da sé che se l’abbonamento a Netflix per un singolo dispositivo si paga 7,99€, “spalmato” su quattro persone viene a costare meno di 3€ a testa (ossia gli 11,99€ della versione multidispositivo divisi per il numero dei dispositivi – quattro – abilitati all’accesso).
Chi condivide, quindi, spende di meno, e c’è qualcuno che ha cominciato a farlo non solo all’interno delle proprie mura domestiche ma si è spinto anche fuori, cercando di costruire dei “gruppi di acquisto” con amici e colleghi di lavoro fidati per avere l’abbonamento a Netflix e risparmiare sulla quota mensile.
Tutti contenti incluso Netflix, che – forse perché è ancora in fase di lancio e quindi è disposto a rimetterci qualcosa pur di far scoprire il proprio servizio a un numero sempre più grande di persone – non solo non vieta questa pratica, ma in sostanza l’ha sdoganata per bocca di Reed Hastings, suo CEO e co-fondatore.
I piani famiglia non sono un’esclusiva di Netflix, anzi…
I piani famiglia
Spotify, per esempio, permette l’accesso da 5 dispositivi contemporaneamente a 14,99€ al mese (quindi 3€ per ogni licenza anziché i 9,99 del piano “base”); per lo stesso importo Apple Music può essere condiviso in famiglia da un massimo di 6 persone (e fanno 2,50€ pro capite al mese), idem Google Play Music versione “Famiglia”. Anche Deezer si è accodato…
Chi è disposto a condividere le proprie credenziali d’accesso può dunque sfruttare questa possibilità a proprio vantaggio, per spendere meno; e c’è una piattaforma Made in Italy nata proprio per agevolare questa condivisione: è Together Price, e noi l’abbiamo provata per voi 😉
Come funziona?
Together Price “istituzionalizza” quello che tanti hanno cominciato a fare “artigianalmente” tra le proprie conoscenze, ossia condividere le credenziali dei propri account; ma permette anche di ampliare il campo: non è detto, infatti, che tra amici e colleghi possiamo trovare tot persone disposte a “smezzarsi” con noi un abbonamento; ma se la platea degli interessati fosse grande quanto internet le probabilità aumenterebbero a dismisura, no?
All’interno di questo sharing network possiamo proporci sia come offerta (ho un abbonamento e voglio mettere a disposizione delle quote) che come domanda (sto cercando qualcuno disposto a vendermi le sue credenziali, e – naturalmente – a pagarlo per questo).
Al primo accesso, Together Price ci accoglie con un messaggio di benvenuto che spiega in maniera rapida, ma chiara, le linee guida del progetto.
Successivamente possiamo creare un profilo, anche rapidamente se autorizziamo il sito ad accedere al nostro account Facebook, e cominciare o con la creazione di una condivisione o con la ricerca di un servizio che vorremmo acquistare
Nel primo caso, entriamo nel percorso di una procedura guidata molto chiara:
Ci viene chiesto di aggiungere il nostro numero di telefono (e già questa, per qualcuno, può essere una barriera – anche se c’è da dire che i servizi che richiedono questo dato oggi son tanti…). Together Price non ci consente di rifiutare di farlo, perché a quel numero ci chiama per comunicare il codice PIN di conferma.
Una volta verificato il numero possiamo scegliere il servizio che desideriamo offrire per la condivisione
Dovremo indicare il tipo di abbonamento che mettiamo a disposizione, quanti posti concediamo (perché ci sta che su 6, per esempio, ne vogliamo tenere un paio per noi e per qualcun altro a noi molto vicino) e le credenziali di accesso che utilizziamo di solito.
Fermi tutti: a questo punto le stiamo già comunicando a un servizio terzo, per giunta con la postilla che “i partecipanti di questa condivisione riceveranno i dati d’accesso dopo aver inviato la quota”. Praticamente, cliccando su continua abbiamo scelto di cederle a qualcuno.
Il passaggio successivo è comunicare l’indirizzo mail associato al nostro conto PayPal: serve per farsi inviare i pagamenti in tutta sicurezza.
Fatto tutto ciò, abbiamo creato il nostro post di condivisione, che poi possiamo scegliere se rendere pubblico (e quindi pubblicabile nella bacheca di Together Price) o mantenere privato.
In realtà non basta spuntare la seconda opzione per tenerlo al sicuro, perché il passaggio successivo ci permette di copiare il link di condivisione dell’offerta e pubblicarlo dove vogliamo. In una chat privata può fare benissimo il proprio scopo, ma se inavvertitamente dovessimo diffonderlo oltre questa cerchia, molte più persone potrebbero utilizzarlo: meglio fare attenzione…
Chi riceve il nostro link, vede una schermata come questa
Cliccando su accedi (o registrandosi prima, se ancora non si è iscritto a Together Price) si arriva alla pagina in cui è possibile effettuare il pagamento – a mezzo PayPal – della quota di adesione mensile messa a disposizione.
Va detto che la piattaforma richiede anche delle commissioni per la gestione di tutta l’operazione, e nel caso – che abbiamo sperimentato – di una quota di Netflix da 5€ il ricarico è stato di 0,42 cent per chi ha acquistato e di 10 cent per chi ha offerto: non poco, più del 10% – a meno che per gli abbonamenti con più di due quote siano previsti degli sconti…
A quel punto chi acquista una copia ha accesso a una pagina in cui può effettuare il download delle credenziali condivise da chi ha offerto il servizio. Un download secco, senza dati criptati.
Acquistare quote
Più semplice ancora comprare quote: basta scorrere la bacheca delle offerte e chiedere di partecipare a un gruppo di acquisto; non appena l’amministratore del gruppo (ossia chi ha condiviso le credenziali del proprio account) accetta, riceviamo in un file i suoi dati e possiamo usarlo come fossimo lui/lei.
Together Price: i vantaggi
I vantaggi offerti da questo sharing network li abbiamo già anticipati:
chi sottoutilizza un abbonamento (quello a Netflix è, ancora una volta, l’esempio migliore: ci sta che qualcuno acquisti la versione Premium per avere lo streaming in Ultra HD e nel pacchetto si trovi anche altre 3 licenze che però non riesce a sfruttare) può recuperare parte delle spese sostenute;
chi invece non vuole spendere i soldi di un abbonamento completo con questo escamotage può risparmiare un bel po’.
Peraltro è tutto perfettamente legale, come tiene a precisare Together Price: sul sito c’è il rimando alle condizioni dei diversi servizi che si possono condividere, e chi – per esempio – vuol mettere a disposizione Spotify deve sapere che lo si può fare solo tra coinquilini; tanto vero che è Together Price stesso a ricordaglielo.
Chi non rispetta questa condizione sa che lo sta facendo sotto la propria responsabilità. Per un quadro completo dei termini e delle condizioni, vi rimandiamo alla pagina dedicata del sito.
Together Price: svantaggi (e pericoli)
I punti quantomeno opinabili di Together Price, invece, sono meno evidenti; o meglio: per farsi un’idea completa di quali sono è necessario provare il servizio – proprio come abbiamo fatto noi.
Su tutti, segnaliamo i costi di gestione richiesti da Together Price (che sono veramente alti; per qualcuno può essere comunque più conveniente cercare strade alternative magari più “ruspanti” ma meno onerose);
ma soprattutto a lasciare perplessi è la gestione delle credenziali d’accesso a un account: chi le mette a disposizione, infatti, praticamente non ne è più proprietario esclusivo.
Questo significa che uno dei compratori, paradossalmente, potrebbe anche entrare e cambiare la serratura (ossia modificare le credenziali d’accesso, appropriandosi dell’abbonamento), oppure passare a cancellare tutte le varie liste d’interesse e altri dati utilizzati dai servizi in streaming per semplificare la vita di chi li usa.
Ancora, se per quel particolare servizio che si condivide si usa una password uguale o simile a quella utilizzata per altri servizi, è come cedere la chiave d’accesso anche a questi altri.
Certo, la community di Together Price si è dotata anche di strumenti di valutazione degli account e dunque di chi li gestisce: come succede per esempio su eBay con l’affidabilità del venditore, anche qui siamo chiamati a dare un voto al comportamento di quelli che hanno condiviso le credenziali insieme a noi, e quindi eventuali “furbetti” finirebbero stroncati dalle recensioni negative.
Peccato che per la sicurezza delle nostre credenziali d’accesso ai servizi online potrebbe già essere troppo tardi…
Alessandro Fumagalli
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